Una sorta di mistero ruota intorno a un’opera giovanili di Michelangelo Buonarroti, la cosiddetta celebre “Testa di fauno”, una prova che lo scultore, ancora adolescente, eseguì nel “Giardino di San Marco”, luogo prestigioso in cui il piccolo promettente artista fu introdotto da Francesco Granacci, amico conosciuto nella bottega del Ghirlandaio. In questo giardino, Lorenzo De Medici aveva allestito, a pochi passi da casa sua, quella che si può considerare la prima accademia d’Arte europea dove ai giovani artisti era data la posibilità di studiare l’arte antica ed esercitarsi nel ricopiarla. Qui il Signore di Firenze aveva posto una collezione personale di marmi acquistati a Roma. Le “Vite” di Vasari riferiscono questo aneddoto come un episodio particolare della giovinezza dello scultore e decisivo per il suo futuro rapporto con la corte Medicea. Michelangelo ricopiò su marmo un antico frammento raffigurante la testa di un fauno, non limitandosi a una copia fedele dell’originale. Decise, infatti, di scolpire la bocca del fauno mostrandone lingua e denti al contrario dell’originale che aveva la bocca chiusa. Lorenzo, vista la scultura, intendendo prendersi bonariamente gioco del ragazzo, trovò un appunto da fare al giovane Michelangelo: i denti del fauno erano troppo perfetti per appartenere a un vecchio satiro. Michelangelo allora, preso l’occorrente, mentre Lorenzo compiva il giro del giardino, rimise velocemente mano al marmo facendo saltare un dente alla testa e scolpendo la cavità della gengiva con il trapano. Il Magnifico fu tanto colpito dalla velocità d’esecuzione e dalla volontà di Michelangelo da prenderlo sotto protezione diventando suo mecenate.